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Storia della pesca alla trota

storia della pesca alla trota

Vi siete mai domandati quale sia la vera storia della pesca alla trota?

La pesca alla trota è praticata da moltissimo tempo poiché la bellezza, la voracità delle prede, la naturalezza dei luoghi e, non ultimo, la bontà delle carni di questa specie di pesce, ha da sempre suscitato enorme interesse da parte dei pescatori tutti.

Chiaramente già dai tempi remoti, la pesca risultava essere una delle fonti per procurarsi cibo.

Sono stati ritrovati dei documenti in cui vengono descritti alcuni divieti risalenti al XIV Sec: gli Statuti di Visso, antico borgo attraversato dal fiume Nera, già contenevano norme che regolamentavano la pesca e tutelavano il fiume:  “… giacchè nel Comune vengono frequentemente persone di alto affare per pescare le trote, che sono molto apprezzate in quanto è raro trovarle altrove, mentre da noi abbondano e sono facilmente reperibili (quae gratissimae sunt, et maxime quia ab aliis de raro providentur et nobilis de facili copia esse potest), nessuno, ad eccezione dei proprietari di fondi confinanti col fiume e dei mugnai, può pescare con nasse (martavellis) e reti dal 1° novembre al 31 dicembre; è sempre proibito deviare fiumi e torrenti o gettare in essi sostanze dannose ai pesci …” (citato in Cecchi, 1966).

Dai Monti Sibillini al Montefeltro, in piena epoca rinascimentale, è particolarmente significativo constatare come i regnanti si riservassero con fermezza l’esclusività della pesca.

Francesco Maria II Della Rovere, ultimo Duca di Urbino che regnò dal 1574 al 1631, aveva eletto le zone dei monti Catria e Nerone sue riserve personali di caccia e pesca evidenziando anche pratiche di gestione faunistica, verosimilmente limitata a brevi trasferimenti.

In un bando datato 10 giugno 1600 esso imponeva: “…essendo hora state messe le trotte in detti luochi, et desiderando che siano, come si deve, riguardate, si comanda espressamente e prohibisce, che non sia persona che ardisca pescare, ne far pescare con rete, ne con mano, ne in qual si voglia modo pigliare ne far pigliare capesciotti o trotte nella pesca…”(Caputo et al, 2003).

Con l’estinzione della casata Della Rovere, il Ducato di Urbino venne definitivamente assorbito nei confini dello Stato Pontificio.

Tuttavia, anche le autorità ecclesiastiche amavano riservarsi le cose migliori, nel nostro caso i pesci, e continuarono a reprimere duramente chi ardisse pescare. È emblematico il caso del Certano, il torrente “…che mai non s’intorbida, e subito nato genera trotte eccellentissime, uscendo da quella nobile e gran montagna detta volgarmente Monte Nerone”.

Il bando emesso dal Vescovo di Cagli si distingue per la dovizia di particolari e soprattutto per la durezza delle sanzioni, delle quali si hanno conferme di applicazione dal rinvenimento di “suppliche” di grazia: “Al nome di Dio Amen. Fra Pacifico Trani Romano per la Dio grazia, e della Santa Sede Apostolica. Vedendo con esperienza l’abuso e l’annoisservanza delli editti pubblici fatti dalli nostri antecessori sopra la bandita della pesca delle trotte nel fosso del Certano posto nelli beni di questo vescovado. Perciò per cause a noi note e per l’occorrenze che possono nascere e per conformarci maggiormente con i giusti sentimenti dell’eminentissimo sig. Cardinale Legato, riferendo a detti editti delli nostri Antecessori e quelli rinnovando espressamente commandiamo, e prohibiamo, che nessuno per l’avvenire abbia ardire di pescare con reti, ami, ne paste, o altra sorte d’instrumenti atti per la pescaggione nel fosso chiamato il Certano ove notano pesci detti le trotte, posto nelli beni della nostra Abbazia di San Pietro di Massa perpetuamente unita alla Mensa Episcopale, incomminciando dal luogo ove scaturisce l’acqua di detto fosso sino all’entrare nel fiume di Bosso, sotto pena di scudi cinquanta d’oro, d’applicarsi la metà ai luoghi Pij a nostro arbitrio, un quarto all’Accusatore, che sarà tenuto secreto, et un quarto dall’essecutore che ne farà reale essecutione, et anco dello carcere per due mesi, e d’altre pene a nostro arbitrio. Volendo e dichiarando incorrere nella stessa pena quelli, che attualmente non fossero catturati purchè colti a questa cura per il detto di un teste, che dicano andati a pescare, ancorchè no havessero preso pesce alcuno. In fede. Dato in Cagli dal Palazzo episcopale lì 15 novembre 1650 (-) Felici Vicario Diocesano”

(G.Presciutti, M.Presciutti, G.Dromedari, 2014).

Dalla lettura di questi interessantissimi ritagli di storia si percepisce quanto fossero pregiati, addirittura elitari, alcuni pesci d’acqua dolce e i loro habitat, un tempo fonti di sostentamento primarie per le comunità montane, oggi beni di alto valore naturalistico, economico e sportivo. Si evince che l’uomo moderno può ritenere quasi un privilegio poter disporre di tali risorse, pur con tutte le autorizzazioni del caso, nonchè le accortezze e le restrizioni imposte da imprescindibili misure di conservazione. Se quelle trote e quei torrenti erano considerati così preziosi si può certamente affermare che… lo sono ancora!

La naturalezza dei luoghi di pesca, quali per esempio, torrenti di montagna, con chiare e fresche acque o laghi in cui la quiete la fa da padrona, hanno sempre attratto il pescatore poiché, anche se a volte non riempie il cestino, avrà tuttavia riempito il suo stato d’animo con la serenità e la tranquillità di aver trascorso una splendida giornata all’aria aperta, immerso nella natura, lontano dalla caotica routine di tutti i giorni e dallo stress indiscutibilmente proposto dalle attività quotidiane.

Negli ultimi anni ha preso molto piede la pesca alla trota nei laghetti, dove si possono trascorre piacevoli giornate in compagnia di amici o famigliari, dove solitamente accade di procurarsi, con le trote pescate, una deliziosa cenetta.

Taluni criticano questo tipo di pesca, perché in genere avviene in piccoli laghi a pagamento dove il pescatore paga per pescare più agevolmente venendo quindi a mancare una parte importante della sfida pescatore-pesci.

È doveroso però ricordare che, molti di questi laghetti sono anche sede di gare, sia a livello amatoriale che prettamente agonistico, dove possiamo trovare, oltre ad allegre comitive di amici, anche dei veri professionisti della pesca alla trota che si cimentano in sfide con svariate tecniche.

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